venerdì 24 aprile 2015

la pioggia nel pineto


Un po' di materiale utile per la comprensione del brano. Con una avvertenza: la parte relativa al panismo non è mia, (anche se alcune aggiunte sono state fatte anche dal sottoscritto), ma serve comunque a inquadrare la questione per quanto riguarda la comprensione della poetica dannunziana.
la seconda parte è una bozza di riflessione sul rapporto tra Ermione e la parola poetica di D'Annunzio

Panismo
Il termine “panismo”, attraverso l’aggettivo “pànico”. deriva dal nome del dio greco παν (pan). Designa un atteggiamento letterario che privilegia come esperienza fondamentale dell'artista il rapporto ricco di slancio e di pienezza gioiosa con la vita della natura , concepita come forza animata, nella quale egli si identifica. Pan è una divinità del mondo pastorale, con caratteri di selvaggia bestialità e legami con il mondo infero; celebri i suoi accoppiamenti in forma travestita. Per paraetimologia il nome è collegabile alla voce greca “pan”, che significa ’tutto’, così da attribuire al dio il carattere di divinità universale della natura. A questa accezione si riferisce il termine “panismo”, da intendersi quale tensione a identificarsi con le forze naturali, fondendosi a esse con slancio gioioso e istintivo. La vegetalizzazione e l’animalizzazione dell’umano che si riscontrano in numerosi testi dell’Alcyone di d’Annunzio ne costituiscono esempi calzanti.
Alla svolta del secolo nasce il disegno ambizioso e composito delle Laudi,in cui è penetrata anche la lezione nietzschiana. Nelle Laudi è evidente anche l'influenza del Simbolsmo francese,soprattutto nella ricerca di una musicalità ricca di echi e di riflessi.
Alcyone è il terzo libro delle "Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi", poema lirico concepito da Gabriele D'Annunzio in sette libri e rimasto incompiuto. Alcyone, composto nel 1903 e pubblicato nel 1904, è un vero inno ad una natura riscoperta in luoghi ancora incontaminati.
E' il libro che più ha influenzato la poesia del Novecento e che, anche all'interno della produzione di D'Annunzio si presenta come uno dei più sperimentali soprattutto sul piano del linguaggio e dello stile.
Qui finalmente la ricerca ansiosa di una "comunione più profonda "con le cose e la loro "anima",l'antropomorfismo" spiritualizzato", ovvero" la misteriosa facoltà di penetrare in ogni oggetto e di trasmutarsi in esso",sembrano trovare il proprio ritmo necessario. L'incontro tra oggetto e soggetto si realizza attraverso analogie e corrispondenze ,aderenti,al mistero infinitamente fluido dell'essere nel mondo. E nelle cosiddette strofe lunghe, in versi liberi,ma anche nelle più tradizionali strutture endecasillabiche D'Annunzio trova la flessuosità di un ritmo multiplo e franto che si modella a ogni istante sull'emozione. La concretezza geografica del paesaggio marino versiliese, dall'esplosione luminosa dell'estate al languore di Settembre , si trasforma spesso in uno sfondo magico e favoloso.
Il panismo è una vera e propria forma di conoscenza , che conserva il carattere elitario e aristocratico di tutta l'esperienza dannunziana. Dopo aver affermato i miti della potenza , della patria,del dominio sulle masse nelle due raccolte precedenti, il superuomo dell'Alcyone assume anche il ruolo di depositario della conoscenza. Attraverso la parola poetica , può restituire alle cose un senso che è smarrito nella società contemporanea. Proprio la parola diventa l'orizzonte verso cui si slancia la concezione panica della vita, perché attraverso il suono si cerca di riattivare la separazione tra uomo e realtà fisica.



Ermione/parola
Ermione è la figura protagonista del componimento. Oltre ad essere un personaggio importante della classicità greca e latina è l'elemento che permette di comprendere l'operazione che D'Annunzio conduce sulla parola poetica. Ermione è un nome teoforico che chiama in causa Ermes e la relazione tra parola e realtà che ad Ermes è connessa.
Tutto il componimento, con le sue molteplici figure di suono e di significato altro non è che la sperimentazione della possibilità della parola di essere vita e fisicità. La metamorfosi che che avviene nel testo è quella della parola poetica che diventa carne pulsante e desiderante.
Il panismo dannunziano si prefigge in Alcione proprio di raggiungere questa condizione della parola poetica: essere l'elemento dentro cui è possibile recuperare quello che la prosaicità della vita quotidiana ha tolto all'uomo - un ritorno alla condizione primigenia dell'essere umano, liberato da tutte le sovrastrutture ideologiche che nel corso dei secoli l'hanno tenuto incatenato e lontano dalla vita (visione nicciana).
La ricerca di D'Annunzio di questo tipo di parola parte da due importanti personaggi della cultura del secondo ottocento Baudelaire e Nietzsche. Il primo offre a D'Annunzio la possibilità di indagare la parola e le sue possibilità di essere suono materico del desiderio attraverso la postulazione della sinestesia come strumento di creazione di realtà ricche e dense di vita (cfr: il sonetto Corrispondenze)

Profumi colori e suoni sono l'elemento che D'annunzio utilizza in maniera magistrale dentro il proprio componimento per ottenere un effetto di estasi fisica che si collega con il trionfo d'una vita dedita al piacere senza nessuna concessione alle regole dela piccola moralità borghese.
La tecnica dannunziana si ispira proprio alla seconda parte del sonetto di Baudelaire e fa propria quella visione della vita arricchita da un gusto per l'estetismo aristocratico che il lessico utilizzato nel componimento conferma.
Da Nietzsche oltre che il concetto di superuomo, D'Annunzio prende soprattutto il concetto di ritorno alla terra. Tutta la metamorfosi è una risposta a quel grido che il filosofo tedesco dice di udire nel mar egeo (“il grande Pan è morto”, Nascita della tragedia). D'annunzio resuscita pan attraverso la parola e restituisce alla vita la sua possibilità di essere parte della natura attraverso i giochi della parola poetica.
Ma questo movimento compiuto da D'Annunzio, il suo tentativo di esperire le possibilità vitalistiche della parola attraverso la sensualità di suoni e sensi, passa attraverso l'esperienza poetica di Pascoli. L'intero componimento dannunziano è infarcito di tecniche e ricerche pascoliane, cambiate naturalmente di senso. Mentre in Pascoli a dominare è la relazione parola/morte, in d'annunzio c'è il tentativo di restituire alla parola il suo rapporto con la vita. Proprio però su questo ultimo versante la poesia dannunziana si arena sulla condizione storica del tempo dentro cui il poeta vive: la parola ha perso nel novecento la sua possibilità di ricollegare l'uomo alla vita.
Nella fusione poeta/ermione(parola e proprio senso)/natura all'inizio del componimento la favola bella (cioè la parola vita desiderio) illude d'annunzio, che crede quindi di poter padroneggiare con la tecnica sopraffina che lo caratterizza la parola, e non illude più la parola/ermione, … alla fine del componimento i termini del rapporto si capovolgono: la sperimentazione tecnica dannunziana ha raggiunto il proprio obiettivo: la favola bella oggi illude ermione (parola) - quindi il poeta ha raggiunto il proprio scopo, è riuscito creare quel rapporto che lega sensualmente vita, natura e parola e ha fatto della parola il fulcro attorno a cui ruota tutto questo meraviglioso ingranaggio – ma non illude più il poeta perché qualcosa tarla la sua certezza e resta quindi quella ambiguità di senso che se da un lato conferisce ancora più sensualità all'hic et nunc (qui e ora) dell'atto poetico, dell'altro conferma la deriva che la parola novecentesca ha intrapreso verso spiagge di morte, lidi dove all'uomo non resta altro da osservare che il proprio naufragio e l'impossibilità di una qualunque concreta salvezza. (cfr Ulisse di pascoli, Ulisse di Joyce, Kafka, Pirandello, Svevo, Montale, Ungaretti … e mille altri ancora …).
Il panismo sensuale allora diventa possibile solo nella illusione che dura l'attimo di una goccia di pioggia nella calura estiva su una spiaggia lontana della civiltà, ... il resto è solo morte!

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