la pioggia nel pineto
Un po' di materiale utile per la comprensione del brano. Con una avvertenza: la parte relativa al panismo non è mia, (anche se alcune aggiunte sono state fatte anche dal sottoscritto), ma serve comunque a inquadrare la questione per quanto riguarda la comprensione della poetica dannunziana.
la seconda parte è una bozza di riflessione sul rapporto tra Ermione e la parola poetica di D'Annunzio
Panismo
Il
termine “panismo”, attraverso l’aggettivo “pànico”. deriva
dal nome del dio greco παν (pan). Designa un atteggiamento
letterario che privilegia come esperienza fondamentale dell'artista
il rapporto ricco di slancio e di pienezza gioiosa con la vita della
natura , concepita come forza animata, nella quale egli si
identifica. Pan è una divinità del mondo pastorale, con caratteri
di selvaggia bestialità e legami con il mondo infero; celebri i suoi
accoppiamenti in forma travestita. Per paraetimologia il nome è
collegabile alla voce greca “pan”, che significa ’tutto’,
così da attribuire al dio il carattere di divinità universale della
natura. A questa accezione si riferisce il termine “panismo”, da
intendersi quale tensione a identificarsi con le forze naturali,
fondendosi a esse con slancio gioioso e istintivo. La
vegetalizzazione e l’animalizzazione dell’umano che si
riscontrano in numerosi testi dell’Alcyone di d’Annunzio ne
costituiscono esempi calzanti.
Alla svolta del secolo nasce il disegno ambizioso e composito delle Laudi,in cui è penetrata anche la lezione nietzschiana. Nelle Laudi è evidente anche l'influenza del Simbolsmo francese,soprattutto nella ricerca di una musicalità ricca di echi e di riflessi.
Alla svolta del secolo nasce il disegno ambizioso e composito delle Laudi,in cui è penetrata anche la lezione nietzschiana. Nelle Laudi è evidente anche l'influenza del Simbolsmo francese,soprattutto nella ricerca di una musicalità ricca di echi e di riflessi.
Alcyone
è il terzo libro delle "Laudi del cielo, del mare, della terra
e degli eroi", poema lirico concepito da Gabriele D'Annunzio in
sette libri e rimasto incompiuto. Alcyone, composto nel 1903 e
pubblicato nel 1904, è un vero inno ad una natura riscoperta in
luoghi ancora incontaminati.
E'
il libro che più ha influenzato la poesia del Novecento e che, anche
all'interno della produzione di D'Annunzio si presenta come uno dei
più sperimentali soprattutto sul piano del linguaggio e dello stile.
Qui
finalmente la ricerca ansiosa di una "comunione più profonda
"con le cose e la loro "anima",l'antropomorfismo"
spiritualizzato", ovvero" la misteriosa facoltà di
penetrare in ogni oggetto e di trasmutarsi in esso",sembrano
trovare il proprio ritmo necessario. L'incontro tra oggetto e
soggetto si realizza attraverso analogie e corrispondenze
,aderenti,al mistero infinitamente fluido dell'essere nel mondo. E
nelle cosiddette strofe lunghe, in versi liberi,ma anche nelle più
tradizionali strutture endecasillabiche D'Annunzio trova la
flessuosità di un ritmo multiplo e franto che si modella a ogni
istante sull'emozione. La concretezza geografica del paesaggio marino
versiliese, dall'esplosione luminosa dell'estate al languore di
Settembre , si trasforma spesso in uno sfondo magico e favoloso.
Il panismo è una vera e propria forma di conoscenza , che conserva il carattere elitario e aristocratico di tutta l'esperienza dannunziana. Dopo aver affermato i miti della potenza , della patria,del dominio sulle masse nelle due raccolte precedenti, il superuomo dell'Alcyone assume anche il ruolo di depositario della conoscenza. Attraverso la parola poetica , può restituire alle cose un senso che è smarrito nella società contemporanea. Proprio la parola diventa l'orizzonte verso cui si slancia la concezione panica della vita, perché attraverso il suono si cerca di riattivare la separazione tra uomo e realtà fisica.
Il panismo è una vera e propria forma di conoscenza , che conserva il carattere elitario e aristocratico di tutta l'esperienza dannunziana. Dopo aver affermato i miti della potenza , della patria,del dominio sulle masse nelle due raccolte precedenti, il superuomo dell'Alcyone assume anche il ruolo di depositario della conoscenza. Attraverso la parola poetica , può restituire alle cose un senso che è smarrito nella società contemporanea. Proprio la parola diventa l'orizzonte verso cui si slancia la concezione panica della vita, perché attraverso il suono si cerca di riattivare la separazione tra uomo e realtà fisica.
Ermione/parola
Ermione
è la figura protagonista del componimento. Oltre ad essere un
personaggio importante della classicità greca e latina è
l'elemento che permette di comprendere l'operazione che D'Annunzio
conduce sulla parola poetica. Ermione è un nome teoforico che chiama
in causa Ermes e la relazione tra parola e realtà che ad Ermes è
connessa.
Tutto
il componimento, con le sue molteplici figure di suono e di
significato altro non è che la sperimentazione della possibilità
della parola di essere vita e fisicità. La metamorfosi che che
avviene nel testo è quella della parola poetica che diventa carne
pulsante e desiderante.
Il
panismo dannunziano si prefigge in Alcione proprio di raggiungere
questa condizione della parola poetica: essere l'elemento dentro cui
è possibile recuperare quello che la prosaicità della vita
quotidiana ha tolto all'uomo - un ritorno alla condizione primigenia
dell'essere umano, liberato da tutte le sovrastrutture ideologiche
che nel corso dei secoli l'hanno tenuto incatenato e lontano dalla
vita (visione nicciana).
La
ricerca di D'Annunzio di questo tipo di parola parte da due
importanti personaggi della cultura del secondo ottocento Baudelaire
e Nietzsche. Il primo offre a D'Annunzio la possibilità di indagare
la parola e le sue possibilità di essere suono materico del
desiderio attraverso la postulazione della sinestesia come strumento
di creazione di realtà ricche e dense di vita (cfr: il sonetto
Corrispondenze)
Profumi
colori e suoni sono l'elemento che D'annunzio utilizza in maniera
magistrale dentro il proprio componimento per ottenere un effetto di
estasi fisica che si collega con il trionfo d'una vita dedita al
piacere senza nessuna concessione alle regole dela piccola moralità
borghese.
La
tecnica dannunziana si ispira proprio alla seconda parte del sonetto
di Baudelaire e fa propria quella visione della vita arricchita da un
gusto per l'estetismo aristocratico che il lessico utilizzato nel
componimento conferma.
Da
Nietzsche oltre che il concetto di superuomo, D'Annunzio
prende soprattutto il concetto di ritorno alla terra. Tutta la
metamorfosi è una risposta a quel grido che il filosofo tedesco dice
di udire nel mar egeo (“il grande Pan
è morto”, Nascita
della tragedia).
D'annunzio resuscita pan attraverso la parola e restituisce alla vita
la sua possibilità di essere parte della natura attraverso i giochi
della parola poetica.
Ma
questo movimento compiuto da D'Annunzio, il suo tentativo di esperire
le possibilità vitalistiche della parola attraverso la sensualità
di suoni e sensi, passa attraverso l'esperienza poetica di Pascoli.
L'intero componimento dannunziano è infarcito di tecniche e ricerche
pascoliane, cambiate naturalmente di senso. Mentre in Pascoli a
dominare è la relazione parola/morte, in d'annunzio c'è il
tentativo di restituire alla parola il suo rapporto con la vita.
Proprio però su questo ultimo versante la poesia dannunziana si
arena sulla condizione storica del tempo dentro cui il poeta vive: la
parola ha perso nel novecento la sua possibilità di ricollegare
l'uomo alla vita.
Nella
fusione poeta/ermione(parola e proprio senso)/natura all'inizio del
componimento la favola bella (cioè la parola vita desiderio) illude
d'annunzio, che crede quindi di poter padroneggiare con la tecnica
sopraffina che lo caratterizza la parola, e non illude più la
parola/ermione, … alla fine del componimento i termini del rapporto
si capovolgono: la sperimentazione tecnica dannunziana ha raggiunto
il proprio obiettivo: la favola bella oggi illude ermione (parola) -
quindi il poeta ha raggiunto il proprio scopo, è riuscito creare
quel rapporto che lega sensualmente vita, natura e parola e ha fatto
della parola il fulcro attorno a cui ruota tutto questo meraviglioso
ingranaggio – ma non illude più il poeta perché qualcosa tarla la
sua certezza e resta quindi quella ambiguità di senso che se da un
lato conferisce ancora più sensualità all'hic et nunc
(qui e ora) dell'atto poetico, dell'altro conferma la deriva che la
parola novecentesca ha intrapreso verso spiagge di morte, lidi dove
all'uomo non resta altro da osservare che il proprio naufragio e
l'impossibilità di una qualunque concreta salvezza. (cfr Ulisse di
pascoli, Ulisse di Joyce, Kafka, Pirandello, Svevo, Montale,
Ungaretti … e mille altri ancora …).
Il
panismo sensuale allora diventa possibile solo nella illusione che
dura l'attimo di una goccia di pioggia nella calura estiva su una
spiaggia lontana della civiltà, ... il resto è solo morte!
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