Per i grammatici alessandrini del III
secolo a.C. Il termine "lirica" designava solo la poesia
accompagnata dalla lira, ossia la melica.
A distanza di molti
secoli, in epoca moderna, essa ha finito invece per assumere un
significato ben più ampio, andando a ricomprendere tutti gli autori
di odi con forte contenuto affettivo e soggettivo, a prescindere
dall'accompagnamento musicale, dal tema trattato e dalla struttura
metrica impiegata.
Partendo da quest'ultima accezione, il panorama dei lirici si suole dividere convenzionalmente in tre gruppi fondamentali: i giambografi, gli elegiaci e i melici.
Partendo da quest'ultima accezione, il panorama dei lirici si suole dividere convenzionalmente in tre gruppi fondamentali: i giambografi, gli elegiaci e i melici.
I giambografi furono i poeti dei versi ingiuriosi, aggressivi e osceni per eccellenza. Vennero così definiti dal nome del metro utilizzato in maniera prevalente, ossia il trimetro giambico. Tra i principali rappresentanti, Archiloco, Semonide e Ipponatte.
Gli elegiaci
furono gli autori dei componimenti in distici, una forma poetica
solitamente accompagnata dal suono dell'aulo, una sorta di flauto o
cannucola a doppia ancia. Tramite i suoi massimi interpreti (Callino,
Tirteo, Mimnermo, Solone e Teognide) l'elegia si prestò a trattare
qualsiasi tipo di contenuto, dall'amore alla guerra, dalla politica
alla filosofia.
Come già accennato, la melica è la poesia accompagnata da uno o più strumenti a corda. I melici si distinguono in monodici e corali, a seconda del numero di cantori a cui era affidata la declamazione delle strofe. Tra i primi ricordiamo Saffo, Alceo e Anacreonte. Tra i secondi Alcmane, Stesicoro, Ibico, Pindaro e Bacchilide.
Tratto comune a tutta la lirica arcaica fu quello di essere stata una comunicazione esclusivamente orale, breve, immediata, con riferimenti a fatti, idee e sentimenti individuali, e un uso pressoché costante di immagini metaforiche. Proprio in quanto comunicazione orale, di essa ci è giunto solo un esiguo numero di frammenti, per lo più grazie a testi successivi redatti dagli alessandrini e ripresi con accuratezza dagli amanuensi del medioevo.
Quasi del tutto persa, invece, la produzione musicale e le coreografie che accompagnavano il canto. Da annoverare solo talune scarne informazioni circa i primi grandi esecutori dell'epoca, rispondenti ai nomi di Terpandro, Taleta e Arione.
Saffo
Nacque attorno alla seconda metà del VII secolo a.C. a Ereso, nell'isola di Lesbo. Ad eccezione di un breve esilio in Sicilia, trascorse buona parte della sua vita a Mitilene, dove fondò una comunità per sole donne (tìaso) dedita al culto di Afrodite. Tutta la sua poetica è incentrata sul tema dell'amore, vissuto come un'autentica forza squassante. Di lei restano un'ode intera e circa 200 frammenti.
Plenilunio
Gli astri attorno alla luna piena
celano il chiaro viso
quand'essa, colma di luce,
irradia tutta la terra.
Bello e buono
Chi è bello
l'è da vedere e basta.
Chi è buono
bello l'è da subito.
Vento
Mi scrolla amore,
come il vento dalle cime
che piomba sui roveri.
Cleide
Ho una bella bimba,
il suo volto è come
i fiori d'oro.
Si chiama Cleide.
Se mi date l'intera Lidia
io non la do.
Se mi date l'amore
io non la do.
L'oblio
Per te morte, inerzia del sonno,
silenzio della memoria, eterna.
Non attingi a petali di poesia.
Oscura vagherai per l'Ade,
svolazzando tra larve cupe.
Una volta
Una volta ero pesa di te, Attide.
Mi sentivo come una bambina,
piccola e acerba.
INVITO
ALL'ERANO
Venite al tempio sacro delle vergini
dove più grato è il bosco e sulle are
fuma l'incenso.
Qui fresca l'acqua mormora tra i rami
dei meli: il luogo è all'ombra di roseti,
dallo stormire delle foglie nasce
profonda quiete.
Qui il prato ove meriggiano i cavalli
è tutto fiori della primavera
e gli aneti vi odorano soavi.
E qui con impeto, dominatrice,
versa Afrodite nelle tazze d'oro
chiaro vino celeste con la gioia.
Venite al tempio sacro delle vergini
dove più grato è il bosco e sulle are
fuma l'incenso.
Qui fresca l'acqua mormora tra i rami
dei meli: il luogo è all'ombra di roseti,
dallo stormire delle foglie nasce
profonda quiete.
Qui il prato ove meriggiano i cavalli
è tutto fiori della primavera
e gli aneti vi odorano soavi.
E qui con impeto, dominatrice,
versa Afrodite nelle tazze d'oro
chiaro vino celeste con la gioia.
A ME PARE UGUALE
AGLI DEI
A me pare uguale agli
dei
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde sulla lingua inerte.
Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue alle orecchie.
E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde sulla lingua inerte.
Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue alle orecchie.
E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.
TRAMONTATA E' LA
LUNA
Tramontata è la luna
Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo
della notte
anche giovinezza già
dilegua,
e nel mio letto resto
sola.
Scuote l'anima mia
Eros,
come vento sul monte
che irrompe dentro le
querce;
e scioglie le membra e
le agita,
dolce amara indomabile
belva.
Ma a me non ape, non
miele;
e soffro e desidero.
AD AFRODITE
O mia Afrodite dal simulacro
colmo di fiori, tu che non hai morte,
figlia di Zeus, tu che intrecci inganni,
o dominatrice, ti supplico,
non forzare l'anima mia
con affanni né con dolore;
ma qui vieni.
Altra volta la mia voce
udendo di lontano la preghiera
ascoltasti, e lasciata la casa del padre
sul carro d'oro venisti.
Leggiadri veloci uccelli
sulla nera terra ti portarono,
dense agitando le ali per l'aria celeste.
E subito giunsero.
E tu, o beata,
sorridendo nell'immortale volto
chiedesti del mio nuovo patire,
e che cosa un'altra volta invocavo,
e che più desideravo
nell'inquieta anima mia.
" Chi vuoi che Péito spinga al tuo amore,
o Saffo? Chi ti offende?
Chi ora ti fugge, presto t'inseguirà,
chi non accetta doni, ne offrirà,
chi non ti ama, pure contro voglia,
presto ti amerà."
Vieni a me anche ora:
liberami dai tormenti,
avvenga ciò che l'anima mia vuole:
aiutami, Afrodite.
O mia Afrodite dal simulacro
colmo di fiori, tu che non hai morte,
figlia di Zeus, tu che intrecci inganni,
o dominatrice, ti supplico,
non forzare l'anima mia
con affanni né con dolore;
ma qui vieni.
Altra volta la mia voce
udendo di lontano la preghiera
ascoltasti, e lasciata la casa del padre
sul carro d'oro venisti.
Leggiadri veloci uccelli
sulla nera terra ti portarono,
dense agitando le ali per l'aria celeste.
E subito giunsero.
E tu, o beata,
sorridendo nell'immortale volto
chiedesti del mio nuovo patire,
e che cosa un'altra volta invocavo,
e che più desideravo
nell'inquieta anima mia.
" Chi vuoi che Péito spinga al tuo amore,
o Saffo? Chi ti offende?
Chi ora ti fugge, presto t'inseguirà,
chi non accetta doni, ne offrirà,
chi non ti ama, pure contro voglia,
presto ti amerà."
Vieni a me anche ora:
liberami dai tormenti,
avvenga ciò che l'anima mia vuole:
aiutami, Afrodite.
E DI TE NEL TEMPO
Tu morta, finirai lì.
Né mai di te
si avrà memoria; e di
te nel tempo
mai ad alcuno nascerà
amore,
poi che non curi le
rose della Pieria.
E sconosciuta anche
nelle case dell'Ade,
andrai qua e là fra
oscuri
morti, svolazzando.
VORREI VERAMENTE
ESSERE MORTA
Vorrei veramente essere
morta.
Essa lasciandomi
piangendo forte,
mi disse: " Quanto
ci è dato soffrire,
o Saffo: contro mia
voglia
io devo abbandonarti."
"Allontanati
felice" risposi
"ma ricorda che
fui di te
sempre amorosa.
Ma se tu dimenticherai
(e tu dimentichi) io
voglio ricordare
i nostri celesti
patimenti:
le molte ghirlande di
viole e rose
che a me vicina, sul
grembo
intrecciasti col timo;
i vezzi di leggiadre
corolle
che mi chiudesti
intorno
al delicato collo;
e l'olio da re, forte
di fiori,
che la tua mano
lisciava
sulla lucida pelle;
e i molli letti
dove alle tenere
fanciulle joniche
nasceva amore della tua
bellezza.
Non un canto di coro,
né sacro, né inno
nuziale
si levava senza le
nostre voci;
e non il bosco dove a
primavera
il suono......
AD ATTIDE RICORDANDO
L'AMICA LONTANA
Forse in Sardi
spesso con la memoria
qui ritorna
nel tempo che fu
nostro: quando
eri Afrodite per lei e
al tuo canto
moltissimo godeva.
Ora fra le donne Lidie
spicca
come, calato il sole,
la luna dai raggi rosa
vince tutti gli astri,
e la sua luce
modula sulle acque del
mare
e i campi presi d'erba:
e la rugiada illumina
la rosa,
posa sul gracile timo e
il trifoglio
simile a fiore.
Solitaria vagando,
esita
e a volte se pensa ad
Attide:
di desiderio l'anima
trasale,
il cuore è aspro.
E d'improvviso:
"Venite!" urla;
e questa voce non
ignota
a noi per sillabe
risuona
scorrendo sopra il
mare.
QUALE DOLCE MELA
Quale dolce mela che su
alto
ramo rosseggia, alta
sul più
alto; la dimenticarono
i coglitori;
no, non fu dimenticata:
invano
tentarono
raggiungerla.......
COME IL GIACINTO
Come il giacinto che i
pastori pestano
per i monti, e a terra
il fiore purpureo
sanguina.
QUANTO DISPERSE LA
LUCENTE AURORA
Espero, tutto riporti
quanto disperse la
lucente Aurora:
riporti la pecora,
riporti la capra,
ma non riporti la
figlia alla madre.
HO UNA BELLA
FANCIULLA
Ho una bella fanciulla
simile nell'aspetto ai
fiori d'oro,
la mia Cleide diletta.
Io non la darei né per
tutta la Lidia
né per
l'amata.........
A GONGILA
O mia Gòngila, ti prego:
metti la tunica bianchissima
e vieni a me davanti: intorno a te
vola desiderio d'amore.
Così adorna, fai tremare chi guarda;
e io ne godo, perchè la tua bellezza
rimprovera Afrodite.
O mia Gòngila, ti prego:
metti la tunica bianchissima
e vieni a me davanti: intorno a te
vola desiderio d'amore.
Così adorna, fai tremare chi guarda;
e io ne godo, perchè la tua bellezza
rimprovera Afrodite.
AD ERMES
Ermes, io lungamente ti
ho invocato.
In me è solitudine: tu
aiutami,
despota, ché morte da
sé non viene;
nulla m'alletta tanto
che consoli.
Io voglio morire:
voglio vedere la riva
d'Acheronte
fiorita di loto fresca
di rugiada.